"BUY NOW: l’inganno del consumismo” è l'ultimo documentario uscito su Netflix che racconta le dinamiche invisibili che alimentano il consumismo sfrenato.
Mi hanno colpito molto le testimonianze di chi, dopo anni trascorsi a lavorare per grandi colossi, ha avuto un risveglio di coscienza, cambiando rotta e dedicando competenze, sforzi ed energie a risolvere i problemi che aveva contribuito a creare. Qui troverete le storie di chi lavorava per Amazon, Apple, Adidas e altre aziende problematiche a cui ci hanno insegnato ad aspirare.
Il documentario esplora l’uso dell’innovazione per fare ricerche sui consumatori e sviluppare strategie sempre più raffinate per spingere all’acquisto compulsivo di prodotti, generati a ritmi elevatissimi.
Ma quali responsabilità hanno i consumatori, se vengono costantemente incoraggiati a consumare da aziende che investono risorse ingenti appositamente per spingerli agli acquisti?
Si affronta poi il tema dell’obsolescenza programmata: ridurre la durata dei prodotti e impedirne la riparazione per garantire ricambi veloci con nuovi acquisti, e profitti sempre maggiori, generando montagne di rifiuti evitabili di cui nessuno si prende la responsabilità.
E cosa dire degli oggetti nuovi buttati via e danneggiati di proposito per non essere rivenduti a un prezzo inferiore? Distruggere qualcosa prima ancora che sia acquistato o usato è una pratica calcolata: le aziende sanno che incredibilmente, anche questa pratica porta più profitti.
Queste aziende, più che produrre beni, producono rifiuti. È più il tempo che i prodotti trascorrono sul pianeta come rifiuti, impattando e inquinando, che come oggetti realmente utili. Quando buttiamo “via” qualcosa, non sparisce: quel “via” è sempre un luogo sul nostro pianeta. Quei rifiuti contaminano acqua, terra e aria e, in un modo o nell’altro, tornano a noi. Si paga in salute, non solo in denaro.
Le plastiche, per esempio, sono per la maggior parte non riciclabili. Ogni anno, la percentuale effettivamente riciclata è inferiore al 10% a livello globale.
Promuovere il riciclo o la riciclabilità significa, ancora una volta, scaricare la responsabilità sui consumatori, evitando di affrontare il vero problema: la sovrapproduzione, i volumi, le velocità e la mancanza di una responsabilità integrale per il ciclo di vita dei prodotti. Il greenwashing è più economico che affrontare i problemi reali, ma invertire la rotta è difficile e, al contempo, necessario.
Le aziende devono assumersi la responsabilità di abbandonare modelli distruttivi per il pianeta. Serve un’economia basata sulla durata e riparabilità dei prodotti, accompagnata da un cambio di mentalità verso una decrescita sostenibile dall'opulenza.
Questo documentario è un monito: il consumismo non è solo una scelta individuale, ma un sistema orchestrato che possiamo e dobbiamo cambiare. La speranza risiede nella coalizione di forze per cambiare il paradigma attuale e opporsi alla narrazione dominante del consumo sfrenato.