Friedrich Dürrenmatt (1921-1990) è stato un drammaturgo, scrittore e pittore svizzero, celebre per il suo teatro che mescola ironia, critica sociale e complessi dilemmi morali. La sua poetica si concentra su temi come la giustizia, la corruzione e la fallibilità dell’essere umano, affrontati attraverso trame intricate e paradossali. Dürrenmatt è noto per aver sviluppato un teatro che non offre facili risposte: le sue opere sfidano lo spettatore a interrogarsi sulla vera natura della giustizia e sul prezzo del compromesso. Tra i suoi lavori più famosi ci sono “La visita della vecchia signora” (1956), una tragicommedia che esplora come il denaro possa corrompere un’intera città, e “I fisici” (1962), una riflessione satirica sulla responsabilità degli scienziati e il pericolo delle loro scoperte. Le sue opere si distinguono per un senso di pessimismo ironico e la convinzione che l’essere umano sia intrappolato in una realtà in cui la giustizia è spesso irraggiungibile e la verità è scomoda e ambigua. Conoscevi questo autore?
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L’iconico nome Dracula evoca immagini di un vampiro tenebroso e affascinante, un aristocratico che vive in un castello lugubre e che si nutre del sangue dei vivi. Ma chi era davvero Dracula? Esiste un legame tra il personaggio letterario creato da Bram Stoker e una figura storica reale? In questo articolo esploreremo l'origine storica e culturale del mito, analizzeremo il celebre romanzo Dracula e vedremo come questa figura continua a influenzare la cultura popolare.
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IO SO. Il 5 marzo 1922 nasceva a Bologna Pier Paolo Pasolini, poeta, scrittore, sceneggiatore, regista, attore, drammaturgo: uno dei più profondi e controversi intellettuali italiani del XX secolo, ammazzato nel 1975 in modo barbaro e tuttora poco chiaro. Vorrei onorarne il ricordo riportando un breve brano di uno dei suoi articoli più famosi ("Cos'è questo golpe? Io so" Corriere della Sera, 14 novembre 1974) in cui descrive con lucidità e chiarezza qual è o dovrebbe essere il ruolo dell'intellettuale nel mondo contemporaneo e nonostante siano passati 50 anni, le sue parole restano più che mai attuali. 《Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi. Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l'arbitrarietà, la follia e il mistero. Tutto ciò fa parte del mio mestiere e dell'istinto del mio mestiere. Credo che sia difficile che il mio "progetto di romanzo", sia sbagliato, che non abbia cioè attinenza con la realtà, e che i suoi riferimenti a fatti e persone reali siano inesatti. Credo inoltre che molti altri intellettuali e romanzieri sappiano ciò che so io in quanto intellettuale e romanziere》 #pasolini #intellettuale #ioso
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Il viaggio nella Commedia di Dante Questi gli appunti del nostro amico Emilio sul primo incontro: «Appunti a brogliaccio durante la lectio di Maristella Diotaiuti su Dante, da Commedia opera unitaria Tema politico come ossatura fondamentale Non è un’opera mistica: non vi è separazione fra terreno e ultraterreno Prof. Russo, esegeta dantesco, maestro di Maristella alla Federico II Soluzioni perfette/imperfette: claudicazione intenzionale resa perfetta FINE ULTIMO: CONDURRE L’UMANITA’ VERSO LA FELICITA’ ULTRATERRENA COMINCIANDO NEL TERRENO CON RINASCITA POLITICA Perchè leggere Dante oggi? Perché la sua poesia è rigenerativa Tramite di un profondo messaggio etico – denuncia dei mali del mondo e del degrado della politica. La modernità è l’insuperabile. Cit. D non è antiquato ma un eterno precursore che dobbiamo sempre inseguire. Un intellettuale impegnato ed esemplare purtroppo sconfitto dal potere dominante e condannato all’esilio (e peggio: rogo, decapitazione, figli inclusi), alla solitudine e alla povertà. Vinto dai suoi ‘nemici’, da non confondersi con ‘avversari’ leali e orgogliosi come Farinata degli Uberti (ghibellino mentre D era guelfo bianco, messo fra gli eretici), che si possono combattere con reciproco rispetto. Coltivò sempre la certezza (non la speranza) che la comunità degli uomini dovesse cambiare, chiamando all’azione gli intellettuali Anche D visse in un momento storico difficile, fra la fine del sistema feudale e la nascita/ascesa di una mentalità mercantile borghese nella storia occidentale. Nuovi ceti sociali. Il papato cerca di avantaggiarsi di questa situazione. D era estraneo alla mentalità del suo tempo: un animo nobile in un tempo volgare di interessi e passioni settarie – non la Firenze rimpianta del tempo del suo avo Cacciaguida. La sua visione fu originata dai suoi studi e generó un tema politico non privo di pesanti invettive. Espediente al suo accesso alle cariche pubbliche fu il dover far parte di una corporazione di arti e mestieri. Scelse quella dei medici e speziali, che considerava vicina all’attività intellettuale. Ricopre cariche importanti, politicamente attivo. Sua bestia nera il papa Bonifacio VIII, che si occupava di cose terrene piú che spirituali. Riesce a cacciarlo nell’inferno con un espediente letterario, anche se ancora vivo durante la composizione del canto. La lotta di D è la nostra: l’eterno confronto fra Arte e violenza di potere. Sempre destinata a perdere la prima, nel presente, salvo mantenere il primato morale nella memoria storica, e affermando l’idea superiore a cui gli uomini giusti continuano ad aspirare, consolandosi nella bellezza della poesia che tali principi magistralmente rappresenta. Versi profondamente umani, e in quanto tali sublimi anche, o maggiormente, dove non formalmente perfetti:«e caddi come corpo morto cade» Ecco che l’Arte e la Poesia devono essere sovversive nel presente (reo tempo), ed eterne nella loro umana verità. Cosi fu, ed è, Dante».
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da internet Glauser è stato paragonato a Simenon, il Simenon del commissario Maigret. L'editore in lingua originale di Zurigo lo presenta come «il Simenon svizzero». E l’investigatore creato da Glauser, il sergente Studer, a Maigret somiglia: è calmo, corpulento e lento, intuitivo e vagante, «nella media, ragionevole, trasognato». Del resto l'esattezza del confronto è confermata direttamente da Glauser. Nella Lettera aperta sul romanzo poliziesco, pubblicata in appendice a questi dodici racconti - «lettera» che è una difesa delle ragioni del giallo realistico, non meno forte delle pagine di Chandler sull'argomento - Simenon è proclamato maestro e il commissario Maigret modello (sebbene si possa sospettare un eccesso di modestia in questa proclamazione di discendenza, essendo le nascite letterarie di Maigret e di Studer quasi contemporanee). Eppure, a leggere tutti i gialli di Glauser, e a leggere forse soprattutto questi racconti polizieschi in cui è sempre l'assassino in primo piano e sempre il doloroso confronto umano generato dal delitto, si ha l'impressione di una grande differenza. Dietro Maigret è quello che un filosofo chiamava 'il mondo del felice'. Dietro il sergente Studer s'indovina una percezione diversa del mondo, una visione che si vorrebbe dire tragica. «La rappresentazione dell'uomo e della sua lotta contro il destino» è il compito del genere poliziesco secondo Glauser, «far notare che esiste una differenza piccolissima, appena visibile tra l'uomo malvagio e l'uomo buono». E di questa piccolissima differenza - si capisce - è destino dell'uomo cadere in balia: per piccoli spostamenti di cause, coincidenze e circostanze: proprio nel modo esibito da quella stilizzazione del destino umano che è il delitto.
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Consiglio di lettura. Martin Heidegger, "Essere in tempo" - Questo saggio del 1921, ingiustamente trascurato dalla critica, prende spunto dall'evento che costituisce la prima e più profonda svolta nell'esistenza del giovane Heidegger, quando perde il treno per Friburgo per una manciata di secondi. Da qui derivano l'abbandono della fede cattolica (in una lettera a Engelbert Krebs, Heidegger ammette di avere tirato giù qualche madonna) e la prima formulazione del problema ontologico: l'Essere-in-treno è l'unica modalità in cui l'Esserci possa raggiungere la propria destin-azione, ma per fare questo deve impostare con cura la sveglia (così che la dicotomia Essere-in-tempo/Essere-in-ritardo rimanda alla distinzione eraclitea svegli/dormienti). L'ultima parte dell'opera, dedicata al tema della gettatezza, sviluppa i tre principi fondamentali della filosofia del treno: non gettare enti dal finestrino, non aprirsi all'essere prima che il treno sia completamente fermo, e soprattutto non oltrepassare la linea gialla se non si vuole esperire la differenza ontologica tra Essere-in-treno ed Essere-sotto-il-treno.
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📚 Recensione di "Le Ragioni di Sauron" di Luigi Pruneti Ho recensito Le Ragioni di Sauron di Luigi Pruneti, un saggio che analizza in profondità la rappresentazione del male nell'opera di J.R.R. Tolkien e le sue implicazioni sulle sfide morali contemporanee. Leggi la recensione completa qui: https://lnkd.in/e79uXxEc
🥇Recensione di "Le Ragioni di Sauron" di Luigi Pruneti
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𝗣𝗮𝗿𝘁𝗵𝗲𝗻𝗼𝗽𝗲 𝗱𝗶 𝗦𝗼𝗿𝗿𝗲𝗻𝘁𝗶𝗻𝗼 – 𝗨𝗻 𝗩𝗶𝗮𝗴𝗴𝗶𝗼 𝗻𝗲𝗹 𝗣𝗿𝗼𝗳𝗼𝗻𝗱𝗼 𝗱𝗲𝗹𝗹’𝗜𝗻𝗰𝗼𝗻𝘀𝗰𝗶𝗼 Nel film di Paolo Sorrentino, il personaggio di Parthenope emerge come un 𝗲𝗻𝗶𝗴𝗺𝗮 𝗽𝘀𝗶𝗰𝗼𝗮𝗻𝗮𝗹𝗶𝘁𝗶𝗰𝗼, una figura che si muove tra desiderio e interdizione, simbolizzando antichi archetipi. Questa recensione esplora le sue 𝗰𝗼𝗻𝗻𝗲𝘀𝘀𝗶𝗼𝗻𝗶 𝗽𝗿𝗼𝗳𝗼𝗻𝗱𝗲 𝗰𝗼𝗻 𝗶 𝗿𝗶𝘁𝘂𝗮𝗹𝗶 𝗮𝗿𝗰𝗮𝗶𝗰𝗶 𝗲 𝗶 𝗺𝗶𝘁𝗶 𝗱𝗲𝗹𝗹'𝗶𝗻𝗰𝗼𝗻𝘀𝗰𝗶𝗼 𝗰𝗼𝗹𝗹𝗲𝘁𝘁𝗶𝘃𝗼, illuminando come Parthenope incarni il “complesso di Anima” e l’irriducibile enigma della psiche. Diversamente da Dürrenmatt, 𝗦𝗼𝗿𝗿𝗲𝗻𝘁𝗶𝗻𝗼 𝗻𝗼𝗻 𝗲𝘀𝗶𝘁𝗮 𝗮 𝗶𝗿𝗿𝗶𝗱𝗲𝗿𝗲 𝗮𝗹 𝗺𝗶𝘁𝗼 𝗱𝗶 𝗡𝗮𝗽𝗼𝗹𝗶 ricorrendo a laidi scivoloni nella più nauseabonda modernità: l’alto prelato greve e narcisista che del corpo della donna ama “solo la schiena, perché tutto il resto è pornografia”, Parthenope che riceve una investitura cardinalizia dissacrata, tanto che “pare una Santa”, abbigliata di ori steampunk o in grisaglia opulenta; John Cheever che esce dalla storia della grande letteratura d’oltreoceano, per essere consegnato alla cronaca italiana dell’alcolismo e del conflitto bisessuale. 🌌 𝗦𝗰𝗼𝗽𝗿𝗶 𝗱𝗶 𝗽𝗶ù: Scarica il PDF della recensione per un’analisi dettagliata su come 𝗦𝗼𝗿𝗿𝗲𝗻𝘁𝗶𝗻𝗼 𝗽𝗼𝗿𝘁𝗮 𝗶𝗹 𝗺𝗶𝘁𝗼 𝗻𝗲𝗹 𝗽𝗿𝗲𝘀𝗲𝗻𝘁𝗲 𝗲 𝗰𝗶 𝗰𝗼𝗻𝗱𝘂𝗰𝗲 𝗶𝗻 𝘂𝗻𝗮 𝗡𝗮𝗽𝗼𝗹𝗶 “𝗶𝗺-𝗺𝗼𝗻𝗱𝗮” 𝗰𝗵𝗲 𝗿𝗶𝘀𝗽𝗲𝗰𝗰𝗵𝗶𝗮 𝗶 𝗿𝗲𝗰𝗲𝘀𝘀𝗶 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗽𝘀𝗶𝗰𝗵𝗲 (https://lnkd.in/d66JM3uA) #Psicoanalisi #PsyArte #IreneBattaglini #Inconscio #PsicologiaAnalitica
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«Kind Of Miles» di Paolo Fresu, il mito di Miles Davis riportato sulla terra https://ift.tt/q3JAiIy …il lavoro è alquanto terreno, concreto e non è finalizzato all’ampliamento e neppure alla rianimazione tromba a tromba di un mito… il musicista sardo lambisce appena Miles Davis, ne usa la perifrasi e l’iperbole per costruire una trama sonora che disegna gradualmente il Fresu-pensiero in una duplice dimensione… // di Francesco Cataldo Verrina // Il nuovo lavoro discografico di Paolo Fresu, «Kind Of Miles» usa come elemento caratterizzante del progetto, a livello letterario, un aforisma di Albert Camus: «I miti sono fatti perché l’immaginazione li animi». Parlando di Miles Davis, in ogni circostanza, l’allegoria più adatta sarebbe quella del «Mito della caverna» di Platone, evidenziando il concetto che un personaggio esterno avrebbe un’idea completa della situazione, mentre i prigionieri trattenuti nella caverna, non conoscendo cosa accade realmente alle proprie spalle e non avendo esperienza del mondo esterno, poiché incatenati fin dall’infanzia, sarebbero portati a interpretare le ombre «parlanti» come oggetti, piante, animali e persone reali. Tutto ciò per dire che di fronte alla laica santità di Miles siamo tutti prigionieri ed in balia di ombre e suggestioni, tanto che la critica italica e molti musicisti sono riusciti a dematerializzarne la figura ed a renderla più leggera di quanto non fosse. Il trombettista americano, pur nella sua aura di beatitudine post-mortem, è stato quanto di più terreno possa esistere nell’ambito del jazz moderno: materialista, prevaricatore, bugiardo scontroso, non era neppure perfetto ed infallibile come una figura mitologica, vittima delle umane debolezze, attaccato ai piaceri, ai beni voluttuari e al denaro; tutte umane virtù, quando per la pubblica morale, non diventano vizi. Se dovessimo dare una definizione di Miles Davis con un solo concetto, potremmo parafrasare un vecchio adagio, dicendo «Sex, money and drugs around the jazz». Tutto ciò non toglie nulla alla bontà dell’interdisciplinare progetto fresiano che unisce musica, teatro, fotografia e suggestioni letterarie. Non a caso, il nuovo album di Paolo Fresu, pubblicato in doppio CD e vinile dalla sua etichetta Tǔk Music, muove da un progetto teatrale prodotto dallo Stabile di Bolzano, chiudendo idealmente il cerchio della trilogia cominciata con «Tempo di Chet» dedicato alle peripezie di Chet Baker e proseguita con «Tango Macondo», un hub di collegamento tra Sardegna e Sudamerica, sulla scorta del valore delle migrazioni umane, culturali ed artistiche. Sorvolando sull’inesistente natura mistica, metafisica, mitopoietica, perfino panteistica di Miles Davis, il lavoro di Fresu è alquanto terreno, concreto e non è finalizzato all’ampliamento e neppure alla rianimazione tromba a tromba di un mito, ma è solo un pretesto, per quanto legittimo, teso a narrare l’inarrestabile parabola del musicista-imprenditore di Berchidda che, in verità, ha sempre...
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