Manuale del bianco e nero analogico
Di Nicola Focci
5/5
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Info su questo ebook
Argomenti trattati:
* Le differenze tra fotografia analogica e fotografia digitale, e le motivazioni all'uso della tecnologia chimica.
* I tipi di pellicola disponibili sul mercato, il meccanismo chimico alla base, l'approvvigionamento, le precauzioni.
* Le fotocamere che si possono reperire sul mercato dell'usato: dalla telemetro 35mm alla biottica 120.
* L'allestimento della camera oscura: l'ambiente opportuno, il materiale necessario, la tenuta alla luce, la ventilazione.
* L'esposizione della pellicola: gli errori dell'esposimetro, la corretta preservazione di luci e ombre, il Sistema Zonale, i filtri per il bianco e nero, il difetto di reciprocità.
* Il processo di sviluppo della pellicola: materiali, procedure, trucchi.
* Il processo di stampa analogica: materiali, procedure, trucchi, tecniche varie (ritaglio, mascheratura e bruciatura, spuntinatura...).
* Le problematiche di conservazione dei negativi e delle stampe: cause di degrado, materiali da impiegare, metodi da implementare.
* Le procedure di archiviazione: la codifica e la cartella di progetto.
* Le modalità di digitalizzazione e condivisione in rete: scanner, la digitalizzazione della stampa, la digitalizzazione del negativo.
Il libro ha un taglio volutamente più operativo che teorico, contiene svariate fotografie a corredo del testo, ed è perfettamente leggibile anche sugli e-book reader monocromatici.
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Anteprima del libro
Manuale del bianco e nero analogico - Nicola Focci
Prima Edizione (Dicembre 2013)
Copyright © 2013 Nicola Focci ([email protected])
Tutti i diritti riservati
A mia moglie Michela
Indice
1. Introduzione
A chi è dedicato questo libro?
Che cosa non è questo libro?
Come può aiutarvi questo libro?
Due parole su di me
2. Perché l'analogico
Sfatiamo un mito
Dieci motivi per preferire l'analogico
Cinque motivi per preferire il digitale
3. La pellicola
Il supporto
Dalla pellicola al negativo
Lo sviluppo
La stampa
Laboratorio o fai-da-te?
Approvvigionamento
Conservazione e precauzioni
4. Le fotocamere
Piccolo formato
Medio formato
Dove acquistare
Il problema delle pile
Scegliere bene
5. La camera oscura
L'ambiente
L'isolamento dalla luce
La ventilazione
La pulizia
Evitare il divorzio
L'ingranditore
6. L'esposizione
Effetti della luce sull'emulsione
L'esposimetro sbaglia
Correggere l'esposizione
Latitudine di posa
Esporre per le ombre
Il contrasto
Sviluppare per le luci
Il Sistema Zonale
I filtri nel bianco e nero
Il difetto di reciprocità
Determinazione della sensibilità reale
Determinazione del tempo di sviluppo normale
7. Lo sviluppo
L'attrezzatura
La tank
Il caricamento della tank
La preparazione delle soluzioni
Il controllo del processo
Lo sviluppo e il fissaggio
Il lavaggio
L'asciugatura
La valutazione del negativo
8. La stampa
L'attrezzatura
Carta da stampa
Il grado di contrasto
La preparazione delle soluzioni
Il controllo del processo
La preparazione del negativo
La stampa di prova
Lo sviluppo e fissaggio
La valutazione del provino a scalare
La stampa finale
Il lavaggio
L'asciugatura
Gli errori più frequenti
Tecniche varie
Il mio flusso di lavoro
Il test della tenuta alla luce
9. La conservazione e archiviazione
Conservazione dei negativi
Conservazione delle stampe
La firma
Archiviazione: la mia prassi
10. La condivisione digitale
Scanner piano
Scanner dedicato
Digitalizzare il negativo
Digitalizzare la stampa
Condivisione
Siamo giunti alla fine di questo libro!
Siti e letture consigliati
Letture
Siti internet
Siti che vendono materiale fotografico analogico
Riferimenti
Fonti delle fotografie nel testo
Glossario
1. Introduzione
La fotografia non la si scatta: la si fa.
(Ansel Adams)
A chi è dedicato questo libro?
Narrano le cronache di un tennista italiano che, incontrando il famoso campione svedese Björn Borg, perse 6-0, 6-0, 6-1. Al momento di stringergli la mano per il saluto finale, gli disse: «Peccato per il game che hai perso!».
Ecco: questo libro è dedicato a coloro che mostrano una certa curiosità verso la fotografia analogica, ma si trattengono, magari perché vedono noi pellicolari
come quel tennista: una minoranza perdente e un po' sfigata.
Del resto, la corsa ai megapixel è irrefrenabile, la Kodak® non è più la stessa, le fotocamere digitali mirrorless stanno crescendo a ritmi vertiginosi, non si trova un laboratorio di sviluppo manco a cercarlo con la lente di ingrandimento… Ha ancora senso parlare di fotografia a pellicola?
Ha senso eccome, ed è ciò che mi riprometto di dimostrare in questo libro.
La scelta della pellicola per il bianco e nero è non solo più che motivata, ma persino (in certi ambiti) consigliabile. Il supporto ai sali d'argento ha ancora tantissimo da dire; e se quello digitale si è diffuso così tanto, è anche grazie ai falsi miti
alimentati dal consumismo e dai produttori di fotocamere, che mi ripropongo di (cercare di) sfatare nel prossimo Capitolo.
Sviluppare e stampare un rullino non è affatto alchimia o fisica quantistica, e ve lo dimostrerò nei capitoli successivi.
Se pensate che la pellicola sia solo una nicchia, fate un giro
su TokyoCameraStyle.com [1]. E' il sito di un tizio che fotografa le fotocamere dei giapponesi: li vede per la strada, li ferma, e immortala la loro attrezzatura. Ebbene, sono quasi tutte fotocamere analogiche. Esatto: i giapponesi usano moltissimo la pellicola. Proprio loro!... che con Nikon® e Canon® e Sony® hanno rivoluzionato il mercato delle macchine digitali. Certo, è possibile che i giapponesi siano completamente rimbecilliti. Ma io non scarterei l'altra ipotesi, e cioè che di fotografia se ne intendano... e non si facciano eccessivamente concupire dalle autoctone DSLR a megapixel in costante ascesa.
Aggiungerei che persino Hollywood – la mecca del cinema e degli effetti speciali – continua ad usare massicciamente la pellicola, anche in prodotti ad alta tecnologia come Il cavaliere oscuro
. Un motivo ci sarà.
Dedico questo libro anche a coloro che hanno già avuto un incontro con la pellicola, e vorrebbero ricominciare ad usarla. Ne vale assolutamente la pena!, quindi spero che queste pagine diano la necessaria spinta motivazionale per riprendere in mano la fotografia ai sali d'argento, e portarla avanti con soddisfazione e costrutto.
Che cosa non è questo libro?
Questo libro non è un manuale tecnico sui concetti generali di fotografia quali tempi, diaframmi, sensibilità, profondità di campo, e così via. Esistono ben altri testi (e siti) in grado di spiegare tutto ciò molto meglio di come potrei farlo io; quindi lo darò per scontato.
Questo libro tratterà solo la pellicola in bianco e nero. Il motivo è molto semplice e non mi nascondo dietro ad un dito: chi scrive non ha alcuna esperienza dello sviluppo e stampa a colori (anche se, da quanto ha letto, non differisce poi eccessivamente). Se comunque fotografate solo a colori, io ritengo che dovreste quantomeno provare il bianco e nero analogico: ha un sapore unico, meraviglioso. E se non riesco a convincervi io, recatevi ad una mostra di stampe realmente chimiche (alla gelatina d'argento): cambierete idea, ve l'assicuro.
Infine, questo libro non tratterà le pellicole a sviluppo istantaneo (tipo Polaroid per capirci) ma si concentrerà sui formati più diffusi: 35mm e 120.
Come può aiutarvi questo libro?
Un aspetto della fotografia analogica che tutti sono in grado di cogliere senza necessariamente conoscerla bene, è l'allungamento dei tempi.
L'immediatezza viene inevitabilmente persa… se non altro perché la fotografia non appare subito su un display appena scattata, ma deve prima essere sviluppata e stampata.
Vorrei però farvi ragionare un attimo. Siamo sicuri che si tratta di un aspetto negativo? E se fosse invece, l'asso di briscola nella personale evoluzione fotografica?
Vorrei raccontarvelo a partire da un episodio completamente diverso, personale, le cui conclusioni sono però analoghe: la mia esperienza con gli scacchi.
Ebbene sì: alcuni anni fa ho deciso di imparare e diventare bravo nel celeberrimo gioco di strategia. Come spesso faccio in questi casi, sono partito a testa bassa. Ho acquistato diversi libri; ho iniziato a studiare approfonditamente attacchi e difese; ho comprato uno di quei piccoli computer di gioco per esercitarmi; ho iniziato diverse partite on-line su un sito di appassionati. Avevo una gran fretta di arrivare a un buon livello, e mi impegnavo molto.
Quando le partite on-line finivano in sonore batoste (e capitava spesso), le ristudiavo, per capire cos'era andato storto. Ho iniziato a frequentare un corso (prendendo altre batoste da allievi
più scafati).
Dopo diversi mesi, però, erano più le frustrazioni che le soddisfazioni. Sì, avevo imparato a memoria quella determinata apertura o quella determinata difesa; ma continuavo a perdere, spesso in modo per me incomprensibile. Mi sembrava di fare tanta fatica, per ottenere pochissimo. Lo studio sembrava non finire mai: il medio gioco, il finale, il gambetto… cominciavo a capire la famosa massima secondo la quale una sola vita non è sufficiente per gli scacchi
.
Questa consapevolezza è giunta a completa maturazione un giorno in cui misi il naso dentro ad un circolo. Si stava svolgendo un torneo. Ho aperto la porta, e visto un bimbetto che correva contento verso il padre dicendo: «Ho vinto! L'ho massacrato in pochi minuti».
Un piccolo cucciolo nato quando io avevo già finito l'Università, che mi avrebbe dato scacco matto all'ottava mossa, e di sicuro non aveva speso tempo e soldi e fegato come me. E’ stato il colmo delle mie frustrazioni.
Ho piantato tutto: libri, corsi, computer portatile… e questo per diversi mesi. Niente più scacchi. Non volevo nemmeno sentirne parlare.
Poi è successa una cosa strana. Un giorno, più per noia che per altro, ho ripreso in mano il piccolo computer. Ho iniziato una partita senza alcuna velleità (tanto già sapevo di essere una schiappa), per il puro gusto di giocare e basta, senza arrovellarmi nei tecnicismi, senza replicare schemi altrui ma giocando alla mia maniera. Senza fretta.
Ebbene, non solo ho vinto; ma è capitato un fatto sino a quel momento non accaduto: mi sono divertito.
Allora ho capito che non ero io ad essere sbagliato (o non idoneo) per gli scacchi, ma era il mio atteggiamento ad esserlo.
Troppa fretta, troppa voglia di avere tutto e subito, troppa impazienza, poca umiltà, poca predisposizione a perdere, obiettivi confusi… tutto questo ha fatto sì che quella esperienza, nonostante l'impegno, sia stata fallimentare.
La fotografia è infondo un po’ come gli scacchi.
Capirne le basi, è semplice. Sì certo, il concetto di tempo e diaframma non è poi così scontato per un neofita; così come non lo è il movimento del cavallo, o l'arrocco… Ma in breve diventa tutto chiaro e si può iniziare a giocare.
Ed è qui che viene il bello. E’ qui che bisogna bilanciare tre elementi in modo sensato e intelligente: la pratica, lo studio di quanto è stato fatto prima da altri, ed i propri obiettivi. Questi ultimi sono molto importanti, e non bisogna avere fretta.
Perché spesso il vero confronto non è con l'avversario (chi vedrà a criticherà le vostre foto), ma con se stessi: i propri limiti, i propri tempi, le proprie aspirazioni.
E se poi non arriva la consapevolezza sotto forma di una sana secchiata d'acqua gelida (come accadde per me in quel circolo), ogni tanto è comunque necessario fare un consuntivo: da dove arrivo?, a che punto sono?, sono contento di esserci?, dove voglio andare?, è ragionevole?, è ciò che davvero voglio?
La fotografia analogica, inutile negarlo, in questo aiuta tantissimo. Come diceva quello: Quando scatto in digitale, mi concentro sulla fotografia appena fatta. Quando scatto in analogico, mi concentro sulla prossima
.
Essendo più appagante, diventa anche più divertente. Perché il rapporto tra fatica e gusto non deve mai superare l'unità. Suonerà strano, ma a volte si è talmente impegnati in un'attività da non rendersi conto che ha smesso di essere un divertimento.
Spero di avere chiarito, al termine di questo lungo e noioso capitolo personale, perché ritengo la fotografia analogica uno strumento utile a far migliorare e maturare anche il fotografo digitalmente
più scafato. Non si tratta però dell'unico motivo per preferirla, come vedremo nel prossimo Capitolo.
Due parole su di me
Che sono uno scacchista fallito, già è chiaro! Però penso sia opportuno presentarmi meglio.
Sono nato nel 1970 e la passione per la fotografia mi è stata infusa da mio padre (che non ringrazierò mai abbastanza per questo).
Le mie prime esperienze di camera oscura risalgono ai primi anni '80. Ho continuato a fotografare sino agli anni 2000, quando mi sono dato alla tecnologia digitale.
Di recente sono tornato alla